Il mercato italiano del capitale di rischio, inteso come forma di partecipazione al capitale azionario di aziende dotate di un progetto e di un potenziale di sviluppo, ha ormai raggiunto, da alcuni anni, i livelli tipici dei paesi finanziariamente più avanzati, tipicamente quelli anglosassoni, facendo registrare dal 2013 una continua crescita sia dal punto di vista quantitativo, cioè in termini di numero di operatori e risorse finanziarie complessivamente investite, con modalità tecniche sempre più evolute e differenziate, sia da punto di vista qualitativo, è cioè in riferimento alla specializzazione e diversificazione degli investitori.
Capitale di rischio: definizione e cenni storici
In origine, soprattutto in Europa, con il termine Private Equity ci si riferiva in senso stretto agli investimenti realizzati per sviluppare attività già esistenti o per risolvere problemi connessi alla proprietà dell’azienda, ad esempio il passaggio generazionale, mentre con il Venture Capital ci si riferiva ad operazioni finalizzate a sostenere lo sviluppo di nuove imprese.
Attualmente invece, allineandosi a quanto avviene nei paesi anglosassioni, con Private Equity & Venture Capital si identifica l’attività di investimento da parte di operatori che acquistano partecipazioni, principalmente di minoranza, sia in aziende nelle prime fasi di attività (early stage) sia in imprese già esistenti per accelerarne la crescita (expansion financing), mentre con il termine Buy Out, si identificano le operazioni volte ad acquisire il controllo delle società con un coinvolgimento degli investitori anche nella gestione dell’azienda.
Capitale di rischio e investimenti
Dal punto di vista degli operatori e delle modalità con le quali si effettuano gli investimenti si sono sviluppate tipologie diverse che permettono anche alle piccole aziende, in genere poco appetibili per i fondi che hanno ticket di investimento di alcuni milioni, di poter beneficiare di finanziamenti sotto forma di partecipazione al capitale. Si pensi ad esempio al crowdfunding, cioè a quei microfinanziamenti, effettuati via web non da operatori specializzati ma soprattutto da singoli investitori, che rappresentano un’importante fonte di finanziamento, se non l’unica, per tantissimi progetti che altrimenti non riceverebbero mai i fondi per svilupparsi.
Business angel e investitori privati
Un cenno va fatto anche ai business angel, cioè finanziatori persone fisiche, evoluzione moderna dei “mecenati” che sin dal medioevo supportavano e finanziavano artisti ed inventori, che cercano e supportano chi ha idee innovative e voglia di crescere, prima ancora che diventi una start-up. Oggi i Business Angels sono sempre più organizzati in network, uno dei più importanti è Italian Angels for Growth, e hanno suscitato anche l’interesse delle istituzioni, si pensi agli sgravi fiscali (il 40% dell’investimento può essere detratto) ed alla Banca d’Italia che sta studiando l’ipotesi di stilarne un elenco ufficiale.
Ovviamente l’obiettivo di tutti gli investitori nel capitale di rischio, rimane quello di ottenere una plusvalenza dalla vendita delle azioni o, in generale, delle partecipazioni, a differenza delle banche che invece vivono di interessi e commissioni.
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Investire nel capitale di rischio
Le performance dei fondi, che possono arrivare in media, per i più bravi, ad un rendimento del 35% annuo, non sono ovviamente prevedibili. Infatti, per loro natura, gli investitori nel capitale di rischio sanno che la maggior parte degli investimenti potrebbe non andare a buon fine e azzerarsi, che una parte genererà rendimenti accettabili e che solo una piccolissima parte (anche solo 1-2 su 10-15 investimenti totali) produrrà delle performance straordinarie.
Capitale di rischio e private equity
Lo sviluppo del settore è stato favorito anche dall’andamento globale dell’economia, i tassi a zero infatti hanno spinto e spingono gli investitori verso gli asset illiquidi in tutta Europa, ed infatti gli investimenti alternativi continuano a crescere: a giugno 2018 il valore complessivo di tale tipologia di investimenti era pari a circa 1.620 miliardi di euro (+300 mld rispetto al 2015). Ovviamente in tale categoria è ricompreso oltre al Private Equity & Venture Capital anche il Private debt, gli hedge fund e l’immobiliare, ma il Private Equity & Venture Capital è stata l’asset class che ha registrato il maggior tasso di crescita con un +25% che in valore equivale a circa 560 mld di euro investiti, avvicinandosi agli hedge fund, che storicamente rappresentano la parte più ampia del mercato degli investimenti alternativi, il cui valore è stato pari a 608 miliardi di euro a giugno 2018 (fonte Il Sole24Ore).
Accesso al capitale di rischio: perché è così importante?
Il capitale di rischio svolge un ruolo molto importante in un moderno sistema finanziario sotto vari aspetti:
- Le imprese possono reperire risorse finanziarie cosiddette “pazienti” cioè che possono essere utilizzate per sostenere aziende in fase di avvio (start-up), sostenere piani di sviluppo, finanziare acquisizioni, sostenere passaggi generazionali, sviluppare nuovi prodotti o anche solo per rafforzare la struttura finanziaria di una società.
- I manager possono utilizzarlo per realizzare operazioni di buy-out/buy-in aziende di grandi dimensioni, acquisendone il controllo attraverso il meccanismo della leva finanziaria;
- Gli investitori specializzati inoltre non forniscono solo risorse finanziarie ma, poiché hanno una notevole esperienza di molte realtà imprenditoriali diverse, possono mettere a disposizione delle imprese anche know-how manageriale per ottimizzarne la crescita sia interna che esterna; ad esempio sviluppando contatti, collaborazioni, joint venture non solo con la comunità finanziaria ma anche con altri imprenditori dello stesso settore o di altri. Inoltre l’investitore istituzionale ha esperienza anche in tema di quotazione e può rappresentare un fondamentale supporto all’imprenditore che vuole avvicinarsi al mercato dei capitali aiutandolo a definire procedure e timing ottimali. Aspetto questo non banale che, se non gestito adeguatamente e con professionalità, può rendere impossibile o addirittura dannoso per l’impresa tentare di quotarsi sul mercato;
Infine, ma non per ultimo come importanza, è statisticamente provato che le imprese partecipate da investitori istituzionali producono performance economiche superiori alle altre imprese con un evidente beneficio anche a livello di sistema economico.
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