In questi mesi abbiamo assistito ad un enorme apprezzamento per il bianco e nero di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani”, acclamato e premiato non solo dall’affetto del pubblico, ma anche da plurimi David di Donatello.

Il finale, non scontato, richiama uno dei primi passi su cui si è incamminato il nostro Paese verso una – non ancora scontata – parità di genere. 

Era il 24 marzo del 1947, infatti, quando l’Assemblea costituente approvò l’articolo 3 della Costituzione. Articolo che proclama l’uguaglianza di fronte alla legge senza distinzione di sesso. 

Tanta strada è stata fatta, ma tanti sono ancora i passi da compiere su un tema che, mi permetto di sostenere, dovrebbe essere scontato, senza la necessità di prevedere giorni speciali o quote dedicate. Ma poiché così non è stato nella storia, anche passi formali o momenti celebrativi possono aiutare laddove la ragionevolezza e l’ovvietà non si sono ancora concretizzate.

Tra le varie iniziative virtuose, collegate al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), citiamo oggi la certificazione della parità di genere, che ha l’obiettivo di favorire l’adozione di politiche per la parità di genere e per l’empowerment femminile a livello aziendale e quindi di migliorare la possibilità per le donne di accedere al mercato del lavoro, di leadership e di armonizzazione dei tempi vita e lavoro (https://certificazione.pariopportunita.gov.it/public/a-cosa-serve).

Con l’implementazione di un sistema di gestione per la Parità di Genere le imprese dovrebbero cioè lavorare e migliorarsi al fine di contribuire a colmare in modo durevole i gap esistenti tra uomo e donna, favorendo tra l’altro la leadership femminile.

 

COS’E’ LA CERTIFICAZIONE “PARITA’ DI GENERE” (Certificazione UNI/PdR 125:2022)

E’ un riconoscimento che viene rilasciato dietro richiesta volontaria alle imprese che adottano valori, pratiche, procedure, processi, decisioni atti a promuovere l’inclusione di genere con l’obiettivo di una parità (gender equality) in ambito lavorativo e professionale. Non è quindi una certificazione obbligatoria.

La certificazione deve seguire una procedura di valutazione effettuata da enti accreditati e deve dimostrare il raggiungimento di determinati obiettivi oggettivi e misurabili (kpi), in particolare nei seguenti ambiti:

  • presenza femminile nelle posizioni di vertice;
  • attivazione di politiche di conciliazione tra vita lavorativa e vita privata;
  • attivazione di politiche di prevenzione delle discriminazioni di genere.

In particolare, tecnicamente la prassi UNI/PdR 125:2022 prevede l’adozione di specifici indicatori, Key Performance Indicator (KPI), in relazione alle seguenti 6 aree di valutazione dell’azienda al fine di confermare o meno che la stessa abbia caratteristiche di inclusività e rispetto della parità di genere:

  • Cultura e strategia
  • Governance
  • Processi Human Resources
  • Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda
  • Equità remunerativa per genere
  • Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro

Ogni area partecipa al punteggio finale con un proprio peso peso percentuale, per un totale pari a 100, rispetto al quale è misurato il miglioramento nel tempo. 

E’ previsto il raggiungimento del punteggio minimo complessivo del 60% per determinare l’accesso alla certificazione.

Tutte le aziende, senza distinguo di dimensione e/o settore possono accedere ad ottenere la certificazione.

La certificazione ha validità di 3 anni ed è soggetta a controlli annuali.

La certificazione rafforza la normativa già esistente, in particolare il D.Lgs. 198/2006, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, e successive modifiche, che stabilisce l’obbligo per i datori di lavoro di garantire la parità di genere tra lavoratori e lavoratrici sotto differenti profili: accesso al lavoro, retribuzione e condizioni di lavoro in primis.

LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Citiamo, attingendo dal sito ufficiale del Dipartimento per le Pari Opportunità che  l’investimento del Pnrr “Sistema di certificazione della parità di genere” (Missione 5 Coesione e Inclusione – Componente 1 Politiche attive del lavoro e sostegno all’occupazione – Investimento 1.3), a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità, mira ad accompagnare ed incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree maggiormente critiche, quali ad esempio, opportunità di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni e tutela della maternità. Per la realizzazione di questo intervento le risorse totali assegnate al Dipartimento per le pari opportunità in base al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 6 agosto 2021, ammontano a euro 10.000.000.

La certificazione della parità di genere è stata regolata dalla legge 5 novembre 2021, n.162 (legge Gribaudo), che ha modificato il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità), e dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, art.1, commi 145-147 (legge di bilancio 2022).

https://www.pariopportunita.gov.it/it/attuazione-misure-pnrr/sistema-di-certificazione-della-parita-di-genere/#:~:text=162%20(legge%20Gribaudo),-Atti%20amministrativi%20emanati

 

I VANTAGGI

La normativa citata, al fine di promuovere l’adozione della certificazione in oggetto, prevede un principio di premialità a favore delle aziende titolari della stessa.

Sono stati infatti introdotti dei meccanismi di incentivazione, in particolare:

  • L’acquisizione della certificazione dà diritto a sgravi contributivi dell’1%, fino a un massimo di 50 mila euro l’anno sui contributi previdenziali a carico dell’azienda.
  • Con l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici riconoscono un maggiore punteggio legato al possesso della certificazione di genere, oltre alla riduzione delle garanzie contrattuali richieste.
  • Inoltre, alle aziende che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della certificazione della parità di genere in applicazione alla prassi UNI/PdR 125:2022, rilasciata da un organismo di certificazione accreditato, è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione di proposte progettuali, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
  • Non ultimo, studi recenti hanno rilevato che le organizzazioni con elevato tasso di inclusività sono in grado di creare anche maggiore valore economico e di capitale, a seguito di una maggiore motivazione e soddisfazione delle proprie risorse umane.
  • Ancora, la certificazione apporta indubbiamente un valore reputazionale all’immagine ed al brand aziendale.

GLI ENTI CERTIFICATORI

Il rilascio della certificazione avviene a mezzo di organismi di certificazione accreditati presso Accredia (ai sensi del regolamento CE 765/2008) che operano sulla base della prassi UNI/PdR 125:2022.

 

A CHE PUNTO SIAMO IN ITALIA?

Il numero delle imprese italiane che ha ottenuto la certificazione per la parità di genere ha rilevato un’accelerazione significativa negli ultimi due anni. Secondo i dati forniti dal Dipartimento Pari Opportunità, a fronte delle 70 aziende che avevano già raggiunto il traguardo della certificazione di gender equality nel 2022, ad inizio 2024 la platea si è allargata in modo esponenziale raggiungendo 1.480 certificazioni.

Lo stesso vale per i siti produttivi, gli impianti industriali o gli stabilimenti (3.838 contro 323). 

Con questi dati, l’Italia ha già centrato gli obiettivi del PNRR concordati con la Commissione europea di almeno 800 aziende certificate (manca solo la rendicontazione ufficiale per avere l’ok da Bruxelles).

https://www.corriere.it/obiettivo5-parita-di-genere/notizie/adesso-aziende-certificate-spiccano-volo-33b4e8e8-db11-11ee-96be-d6d12839d1dd.shtml#:~:text=Vola%20il%20numero%20delle%20imprese,ne%20contavano%20meno%20di%2070.

Al contempo, solo per citare un esempio, ODM Consulting, società di consulenza HR di Gi Group Holding ha invece rilevato di recente che il gender pay gap, che si era ridotto fra il 2017 e il 2019, ha poi ripreso a crescere raggiungendo il 10% nel 2022. Il trend di aumento del divario si è stabilizzato attestandosi in chiusura 2023 su una media del 10,7%. 

https://finanza.lastampa.it/News/2024/03/06/divario-di-genere-in-italia-gender-pay-gap-le-donne-guadagnano-il-10percento-in-meno-degli-uomini/MTU1XzIwMjQtMDMtMDZfVExC#:~:text=Lavoro-,Divario%20di%20genere%20in%20Italia%20Gender%20pay%20gap%2C%20le%20donne,10%25%20in%20meno%20degli%20uomini&text=Da%20circa%203.000%20euro%20a,%E2%80%93%20retribuzione%20fissa%20annua%20lorda).

Resta quindi tuttora molto viva la riflessione sul campo tra una gender equality formale ed una reale sostanziale parità di genere lavorativa, a partire dall’aspetto retributivo.