Da un lato l’azienda e l’imprenditore che devono prendere consapevolezza del problema in maniera tempestiva e coraggiosa del problema e riconoscere le cause strategiche o organizzative che hanno portato alla formazione di un UTP. La banca dal canto suo deve assumere un atteggiamento non punitivo nei confronti dell’azienda e aiutarla nel percorso di risanamento, se vuole che il credito non scivoli negli NPL.
Come si gestiscono 99 miliardi di euro di debiti buoni?
Un debito è accettabile quando è ripagabile, altrimenti diventa un problema. In Italia i debiti delle aziende fanno paura. Fanno paura al governo e fan paura alla società civile. Un’azienda che ha debiti, se non li può pagare, fallisce. I fornitori perdono tutto, i dipendenti sono licenziati (e di questi tempi è quasi una condanna a morte), lo stato si ritrova un “altra” grana da gestire sotto forma di cassa integrazione etc.
All’interno del debito oltre ai classici NPL (Non Performing Loans, insomma i debiti brutti) ci sono da qualche anno anche gli UTP (Unlikely To Pay). A quanto ammonta in italia questo specifico tipo di debito? Stando al grafico riportato sotto, 99 miliardi di Euro. Tradotto, ben più di tre finanziarie pesanti.
Che cosa sono?
Gli UTP sono il risultato di un finanziamento erogato da una banca ad un’impresa che, per una ragione o per l’altra, a posteriori potrebbe essere in difficoltà a fare fronte al suo impegno a rimborsare. Sono debiti che possono essere gestiti e sanati. 99 miliardi che tornano in circolo nell’economia sono una bella spinta alla crescita del settore privato e dello Stato stesso (per la serie le aziende pagano le tasse, le aziende fallite non le pagano!). Tuttavia questi debiti rappresentano anche una sfida per il sistema finanziario italiano. Sono una sfida perché le persone che dovrebbero gestirli, processarli e valorizzarli (di fatto facendo sì che non siano più debiti ma tornino in bonis) sono in numero scarso, in quanto la competenza che serve è molto tecnica.