Riferimenti normativi del MOG 231

La Legge 29 settembre 2000, nr. 300 e il D. Lgs. 8 giugno 2001,nr. 231 hanno introdotto la responsabilità amministrativa degli Enti con o senza personalità giuridica, per i reati commessi a loro vantaggio o nel loro interesse dalle persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente e dai soggetti sottoposti alla loro direzione o vigilanza.
La responsabilità dell’ente è autonoma e si aggiunge a quella delle persone fisiche.

L’articolo 1 del D.Lgs. n. 231/01 indica quali sono i soggetti destinatari della nuova disciplina:

    • enti forniti di personalità giuridica (società di capitali e Fondazioni, SIM, enti pubblici economici ecc.);
    • società ed associazioni anche prive di personalità giuridica (società di persone, ONLUS, società di professionisti, mutue assicuratrici, ecc.).

In pratica si tratta di una legge che disciplina la responsabilità dell’azienda per alcuni reati, citati nella norma, commessi dai propri dipendenti.

Ultimo recente aggiornamento della normativa, la Legge 19 dicembre 2019, n.157 ha inserito l’art. 25 quinquiesdecies al D.LGS 231/2001, il quale ha introdotto nel catalogo dei reati i reati tributari (previsti nel novellato D.Lgs. 74/2000) indicando in capo a quali, se commessi per interesse o vantaggio dell’ente, possa determinarsi la responsabilità amministrativa (in particolare: delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte).

Perché il Modello 231 nelle PMI

L’impianto normativo può apparire a un primo sguardo complesso e oneroso.
Tuttavia, l’implementazione di un adeguato Modello Organizzativo e di Gestione (MOG 231), compatibile con la natura e dimensione dell’organizzazione del singolo Ente/Società, può risultare idoneo a individuare e prevenire i reati. Può inoltre garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della Legge, nonché individuare ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.

Il modello di organizzazione e gestione finalizzato alla prevenzione dei reati da parte dei dipendenti non è obbligatorio, ma rappresenta un’opportunità per le imprese affinché si riduca il rischio di essere chiamati a rispondere per uno dei reati sanzionati dalla 231 medesima. Quindi, anche se la norma non impone un obbligo giuridico di adozione del MOG 231, lo stesso rappresenta un’indiscutibile modalità di vigilanza sul generale andamento della gestione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, sollevando almeno parzialmente gli amministratori da eventuali responsabilità su questi temi.

Chi può adottare il Modello di Organizzazione e Gestione? Tutte le aziende esposte al rischio di contestazione delle violazioni richiamate nella normativa 231, a prescindere dalla loro dimensione e struttura organizzativa. Anche le Piccole Medie Imprese!

Infatti, in Italia oltre il 90% delle aziende attive sono Piccole e Medie Imprese (PMI) che, proprio in funzione del rilievo che hanno nel tessuto economico, non possono non seguire accuratamente il rispetto della legalità e della correttezza nella gestione organizzativa e del business, a tutela propria e di tutti gli stakeholders aziendali. Infatti, una piccola impresa, nella essenzialità della sua struttura interna gerarchica e funzionale, a prescindere dal settore in cui opera, dovrebbe opportunamente dotarsi di un modello di organizzazione, gestione e controllo in quanto ha lo stesso rischio di essere coinvolta in procedimenti penali per i reati previsti dal D. Lgs. 231/2001 di imprese di maggiori dimensioni.

Il modello da adottare in questi casi sarà essenziale e semplificato, adattato cioè in modo flessibile sulla struttura delle PMI, pur rispettando sempre le condizioni minime di cui all’art. 6 del citato decreto. Ad esempio, in merito all’Organismo di Vigilanza (organo previsto dalla norma; si tratta del soggetto responsabile di sorvegliare e di verificare regolarmente l’efficacia del Modello; può essere monocratico o collegiale, con componenti interni e/o esterni), tenendo conto delle dimensioni di alcuni Enti, il D. Lgs 231/2001 ha previsto all’art. 6, co.4, la facoltà dell’organo dirigente di svolgere direttamente i compiti indicati. La norma dell’articolo 30 del Testo Unico Sicurezza (Dlgs 81/2008) introduce il principio di “procedure semplificate per l’adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese”.
In pratica significa che le piccole e medie imprese possono adottare modelli 231 semplificati, atti ed idonei a proteggere il patrimonio aziendale dal rischio anche solo occasionale e una tantum, di sanzioni correlate alla normativa 231 (per esempio un infortunio sul lavoro).

Obbligo o opportunità?

Come detto in precedenza, si tratta di una norma che non pone l’obbligo di adozione del Modello, ma ne lascia facoltà all’ente, che può decidere quale linea adottare. In ogni caso, anche ai fini di una valutazione consapevole, è fondamentale esplicitare che, nel caso di reati commessi dagli apicali aziendali, il non aver adottato il Modello implica la responsabilità dell’ente stesso, con pesanti conseguenze in termini sanzionatori.
Al contrario, la norma nella sua ratio prevede invece che l’ente non risponda per i reati commessi da soggetti qualificati legati all’ente stesso (apicali o dipendenti), se e solo se l’organo dirigente ha identificato, formalizzato ed attuato modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
Occorre quindi valutare in termini concreti l’opportunità di analizzare i costi (per l’adozione del modello) e i benefici (per l’applicazione delle esimenti).

Evidenziamo inoltre che il MOG 231, oltre ad avere obiettivo e funzione di esimere l’azienda da responsabilità nel caso di commissione di reati, ha un effetto di trascinamento di benefici di rilievo per l’impresa: in primis può rappresentare un primo passo verso la creazione di organizzazioni positive con conseguenti effetti benefici su marginalità e profitti. Può inoltre diventare una sorta di codice etico di imprese caratterizzate da consolidati principi morali, dando valore sia all’immagine che alla reputazione della stessa sul mercato.

Inoltre, la stesura di un MOG 231 può favorire l’azienda secondo altri aspetti, per esempio:

  • ridurre la possibilità di esclusioni da appalti e sub-appalti pubblici;
  • tutelare l’investimento dei soci e degli azionisti in relazione al danno economico dovuto all’attuazione dei reati;
  • tutelare l’immagine dell’azienda;
  • evitare perdite di produzione;
  • prevenire spese legali;
  • evitare l’insoddisfazione del cliente;
  • evitare il calo di morale e di senso di appartenenza del personale.

Poniamo in evidenza che l’opportunità nell’adozione del MOG 231 risiede non solo nell’aspetto economico-finanziario, ma offre un momento di riflessione sulla propria struttura organizzativa interna all’Azienda, sui propri processi e flussi, sul modello informativo adottato che potrebbero essere potenziati o semplificati.

MOG 231 e attuale contesto legato al COVID-19

Un modello di tale portata impone una profonda revisione interna, coinvolge non solo le figure apicali ma tutti i dipendenti, permea ogni funzione e settore dell’Azienda introducendo una maggiore collaborazione ed una approfondita revisione delle procedure aziendali, anche  per far fronte ai nuovi rischi connessi all’emergenza dovuta al Covid-19.

Nel Position Paper di giugno 2020, Confindustria ha predisposto delle prime indicazioni operative per le imprese in merito all’adeguatezza dei Modelli Organizzativi ai sensi del D.lgs. 231/2001 e al ruolo dell’Organismo di Vigilanza nel contesto attuale.
Il documento evidenzia la possibilità che questa emergenza faccia emergere nuovi rischi e che questi rappresentino un’occasione per i reati presupposti contemplati dalla norma.

Tali rischi vengono suddivisi fra rischi diretti e rischi indiretti.

  1. Rischi diretti Il Position Paper considera diretti tutti i rischi direttamente derivanti dall’insorgere dell’epidemia, cioè un rischio che abbia una correlazione diretta e conseguente alla diffusione del Covid-19, per esempio – in tema di salute e sicurezza del lavoro – l’immediato rischio connesso all’esposizione dei lavoratori al potenziale contagio del virus all’interno del luogo di lavoro. Ne discende quindi la responsabilità per il Datore di lavoro di predisporre e rendere disponibili adeguate misure di tutela dei lavoratori dal rischio di contagio.Al fine di adempiere a tale obbligo, data la grave eccezionalità, unicità e imprevedibilità della pandemia COVID-19, si è definito che “l’imprenditore debba conformare la propria attività alle misure di contenimento e di prevenzione del contagio, indicate dalle Autorità pubbliche e contenute in diverse fonti, ovvero nei Decreti Legge e nei DPCM che si sono succeduti negli ultimi mesi, nonché nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro.”Il Position Paper, richiamando la circolare INAIL, n. 22 del 20 maggio 2020, concorda sull’“assenza di automatismo nella contestazione in sede civile o penale che è sostenibile solo nel caso in cui venga fornita prova del nesso di causalità e dell’imputabilità del titolare di impresa, quantomeno a titolo di colpa.
  2. Rischi indirettiI rischi indiretti non sono automaticamente correlabili alla pandemia, ma sono quelle aree di rischio che, proprio perché stressate dall’attuale contingenza, possono favorire il verificarsi di reati già inclusi tra i reati definiti dalla normativa 231.Alcuni esempi:
    • condotte corruttive in appalti, gare, dichiarazioni o certificazioni, al fine di recuperare fatturato e profitti persi durante la fase di lockdown;
    • reati contro l’industria e il commercio qualora l’imprenditore cerchi di procurare in modo non corretto beni indispensabili alla prosecuzione della attività aziendale;
    • utilizzo di manodopera con presenza irregolare sul territorio italiano al fine di ridurre i costi di produzione;
    • reati informatici, derivanti dall’avvio impreparato e generalizzato dello smart working.

Codice della crisi di impresa, adeguato assetto organizzativo (Art.2086 cc) e Modello  231: interrelazioni

Il D.Lgs. 14 del 12/01/2019, meglio noto come nuovo Codice della Crisi di Impresa e dellInsolvenza, ha rafforzato quanto già disciplinato dal Codice Civile all’art. 2086, introducendo obblighi specifici di adeguamento degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili per attività imprenditoriali svolte in forma societaria.

Sebbene il Decreto Liquidità la scorsa primavera abbia differito l’entrata in vigore della normativa dal 15/08/2020 (come inizialmente previsto, salvo alcune disposizioni già entrate in vigore dal 16/03/2019) all’1 settembre 2021, è auspicabile – soprattutto in questa fase congiunturale – che gli imprenditori focalizzino impegno e risorse per implementare procedure, processi, direttive, strutture interne che permettano la massima tutela del patrimonio aziendale e quindi sociale.
Lo recita lo stesso Codice Civile nel citato art. 2086, in cui si stabilisce che l’imprenditore, che opera in forma societaria o collettiva, ha il dovere di:

  • istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale;
  • attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Ma come si interseca il MOG 231 rispetto a questi dettami normativi?
Il Modello 231 classifica, monitora, disciplina la gestione integrata dei rischi aziendali, e come tale supporta direttamente l’imprenditore collettivo o gli amministratori nell’attività di implementazione di un adeguato assetto organizzativo.
Non si sovrappone ad esso, ma ne è parte integrante, è portatore di benefici a supporto appunto dell’imprenditore e/o dell’amministratore per prevenire l’insorgere ed il verificarsi di rischi che possano portare ad una crisi aziendale, ad una responsabilità sociale o che possano addirittura minare la continuità aziendale.

Il Modello 231 rientra quindi fattivamente nella costruzione di un adeguato assetto organizzativo, prudenziale e lungimirante, nell’ottica di conservazione del patrimonio e della continuità aziendale.

Infine, molti, nell’ottica operativa di costruire un assetto adeguato, suggeriscono una gestione integrata dei rischi aziendali attraverso i compliance programs, che monitorano l’applicazione di tutte le normative, anche speciali, applicabili alla società sulla base del proprio settore di appartenenza, e che presentano indubbie sinergie con il Modello 231.

Conclusioni

Fare impresa è rischiare. Il rischio è insito nella vision, nella creatività, nella sfida, nel costruire.
Ma, dietro questa visione “romantica” dell’imprenditore (soprattutto dei piccoli imprenditori che hanno spesso un legame emotivo molto forte con il business che hanno creato), è d’obbligo confrontarsi ogni giorno con produzione, clienti, fornitori, dipendenti e numeri che l’impresa genera.
Per questo motivo l’imprenditore può permettersi esclusivamente rischi calcolati, conosciuti, monitorati, oggi ancor più di ogni recente passato.

Il Modello 231, benché austero e rigoroso, percepito come un affanno burocratico o come una briglia, ha invece proprio questa funzione: aiutare l’imprenditore a gestire e vincere sul rischio.

“Il rischio nasce dal non sapere cosa stai facendo”

Warren Buffett