L’emergenza coronavirus che stiamo vivendo ha portato molte aziende a dover affrontare una grave crisi di liquidità a seguito del blocco delle attività. Nel breve periodo le misure temporanee per il sostegno alla imprese che il Governo ha predisposto permetteranno almeno parzialmente di far fronte alla crisi di liquidità nell’immediato. Tuttavia, diverse aziende dovranno far ricorso anche ad altre forme di finanziamento o alla ricapitalizzazione.

L’inevitabile contrazione dei ricavi forzerà molti imprenditori, successivamente, a dover anche rivedere la propria base costi, che se da un lato permetterà di recuperare livelli di efficienza, dall’altro potrebbe comportare decisioni non facili come il taglio del personale (con conseguenze a livello sociale), o il dover far slittare investimenti legati a piani di sviluppo, mettendo in forse la capacità dell’impresa di competere nei propri mercati di riferimento.

Risulta quindi importante non solo mantenere la focalizzazione sulle componenti reddituali del business, ma anche focalizzarsi o rifocalizzarsi sulle componenti patrimoniali del bilancio per liberare risorse attraverso l’ottimizzazione del capitale circolante netto (o CCN). Infatti, per quanto molte aziende pongano attenzione sulla gestione del loro ciclo attivo e passivo, sovente i margini di recupero sono importanti con la possibilità di liberare risorse significative senza dover intraprendere percorsi più complessi e a volte lunghi con impatti nel medio periodo non sempre facilmente quantificabili.

Capitale circolante netto: calcolo e analisi

Senza entrare troppo in tecnicismi ampiamente dibattuti nella letteratura specifica, il capitale circolante netto (CCN) di un’impresa è dato dal delta tra le attività correnti (crediti verso clienti, rimanenze finali, cassa, ratei e risconti attivi) e le passività correnti (debiti verso fornitori, altri debiti legati all’operatività aziendale, ratei e risconti passivi). Questa differenza rappresenta il fabbisogno finanziario netto legato al ciclo operativo caratteristico dell’impresa. È evidente che il contenimento di questa variabile al livello minimo possibile, compatibilmente con le peculiarità del business, permette di liberare risorse e d’incrementare il livello di liquidità disponibile, elemento fondamentale in una situazione di crisi.

Sovente l’analisi del capitale circolante viene svolta attraverso l’analisi del ciclo di conversione della liquidità (cash conversion cycle) espresso in giorni di rotazione del CCN. Semplificando, quest’ultimo è ottenuto, come è noto, da:

Un valore negativo di questa equazione rappresenta la capacità dell’impresa di autofinanziarsi mentre un valore positivo la necessità di finanziamento.

Roberto Conti
Roberto ContiPartner

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Come ottimizzare il capitale circolante: 3 possibili interventi

Gli interventi per ottimizzare il capitale circolante possono essere molteplici, ma è importante anche tenere in considerazione il trade-off che a volte si presenta tra ottimizzazione del capitale circolante e impatto sul conto economico (es. sconto da parte dei fornitori a fronte di termini di pagamento anticipati).

A puro scopo esemplificativo, di seguito alcuni interventi possibili:

  • sui crediti verso clienti: segmentazione della clientela con interventi sui cattivi pagatori, revisione delle procedure d’incasso, matching dei crediti commerciali con i debiti commerciali, sconti su anticipo pagamenti, cessione dei crediti ad operatori di factoring;
  • sulle rimanenze di magazzino: interventi sulle SKU (Stock Keeping Units) con rotazione più lenta, revisione delle politiche di pianificazione della produzione, revisione dei punti di riordino, revisione degli stock di sicurezza e delle EOQ (Economic Order Quantity);
  • sui debiti verso fornitori: revisione della base fornitori semplificandola, dilazione dei pagamenti valutando il trade-off rispetto agli sconti ottenibili, riorganizzazione delle politiche e del processo di pagamento.

Le variabili in gioco (crediti verso clienti, debiti verso fornitori e scorte di magazzino) presentano però gradi diversi di rigidità legate alle caratteristiche specifiche del business in cui opera l’azienda tra cui la supply chain in tutte le sue componenti (acquisti, produzione, logistica), il contesto competitivo e la forza negoziale sovente legata alla dimensione dell’azienda, solo per citarne alcune.

Definire le azioni: priorità, trasversalità e sponsorship

In questo contesto di emergenza, in cui bisogna agire in tempi stretti, diventa quindi fondamentale un approccio strutturato che permetta di individuare in una prima fase le azioni facilmente attuabili in tempi ragionevolmente rapidi rispetto a quelle da implementare in fasi successive, focalizzandosi quindi sugli interventi prioritari e di maggiore impatto per recuperare risorse finanziarie nel breve.

Una semplice matrice che mostra l’impatto dell’azione sul capitale circolante rispetto alla semplicità di implementazione permette ad esempio di strutturare il ragionamento e definire le azioni secondo una scala di priorità:

Un altro elemento fondamentale quando si intraprendono delle azioni di miglioramento del CCN è la trasversalità di queste tra le varie funzioni aziendali.

Infatti, se la Direzione Amministrazione e Finanza è sicuramente la funzione aziendale che ha il compito di monitorare l’andamento del CCN e di coordinare il processo di messa a terra delle azioni di miglioramento individuate, anche altre funzioni sono coinvolte a partire dalle Direzione della Produzione e della logistica, dalla Direzione Commerciale e dalla Direzione Acquisti, solo per citare le principali.

Più importante di tutto però è la forte sponsorship che ci deve essere da parte dei vertici aziendali, soprattutto dell’imprenditore, che deve supportare il cambiamento che a volte richiede la capacità di superare processi o modus operandi consolidati in azienda e ritenuti a volte intoccabili.

Una volta conclusa la fase iniziale che ha permesso di mettere a terra quegli interventi rapidi per far fronte alla situazione di crisi, la fase seguente richiede un processo articolato di monitoraggio costante, azioni articolate e definizione di obiettivi legati a una politica d’incentivazione che porti a un miglioramento continuo degli elementi del capitale circolante netto.

In conclusione, l’esperienza ci ha mostrato che gli spazi di manovra sul capitale circolante generalmente sono più ampi e rapidi di quanto si possa immaginare, permettendo il recupero di significative risorse finanziarie con un impatto sull’azienda meno dirompente di altri interventi, con benefici sia nell’immediato che nel lungo periodo. Diventano quindi una strada sicuramente da valutare e percorrere in una fase di crisi di liquidità come questa.

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Autore dell'articolo

Roberto Conti

Partner