LE HARD SKILLS DEL CONTROLLER: TRA RIGORE E CURIOSITA’

 

Abbiamo definito l’attività di controllo di gestione come il risultato un mix di competenze tecniche contabili e analitiche, messe a servizio della direzione per guidare il processo decisionale. 

Il controllo di gestione rappresenta l’ambito spazio-temporale in cui i processi aziendali e i dati contabili si incontrano e prendono vita. Un po’ come accade nel racconto di ‘Flatlandia’ (di E. Abbott) in cui il protagonista scopre l’esistenza della terza dimensione, così l’analisi dei dati apre nuove prospettive sulla realtà dell’impresa: il processo trova una sua quantificazione e il dato contabile si scompone e ricompone nei rivoli dei driver di costo.

Come il protagonista del libro di Abbott, il controller è mosso dalla curiosità quando osserva le attività aziendali e ne scopre i legami, derivando conclusioni sull’assorbimento dei costi ed evidenziando le aree di creazione di valore.  

In questo processo, la curiosità è una leva cognitiva che consente di superare la bidimensionalità dei numeri. Il controller, infatti, non si limita a registrare: interpreta, collega, interroga. La sua capacità di osservare e ascoltare diventa una variabile chiave della comprensione, e le moderne tecnologie sono strumenti che amplificano la visione, accelerano l’analisi e rendono tangibili le connessioni invisibili. È in questo ambito che il controllo di gestione si trasforma da funzione tecnica a funzione strategica, capace di orientare le decisioni aziendali.

Ma la curiosità e l’intuito devono essere sostenuti da disciplina nell’osservazione e rilevazione del dato, e rigore metodologico. L’individuazione di nessi causali e la quantificazione degli effetti delle variabili sulle componenti di costo richiedono doti analitiche e spirito critico. Il controller formula ipotesi, verifica correlazioni, misura impatti.

Tuttavia, i risultati di queste analisi non sempre sono accolti con entusiasmo: inefficienze interne, costi occulti, attività ridondanti ora emergono con chiarezza, mettendo in discussione abitudini consolidate e zone di comfort. Qui il controllo di gestione si confronta con la sua dimensione più delicata: quella del cambiamento. La capacità comunicativa di cui abbiamo parlato nel precedente articolo entra in gioco soprattutto in questa fase.

L’obiettività è la bussola del controller, e il rigore nei numeri è la sua rotta. 

Come il protagonista di Flatlandia, è chiamato a vedere oltre le superfici, a immaginare dimensioni che altri ignorano o temono. E proprio come nel racconto di Abbott, questa visione può generare resistenza, incomprensione, persino conflitto. I numeri, se trattati con onestà metodologica, parlano chiaro. E proprio perché il controller è chiamato a essere garante della trasparenza, il suo ruolo non è sempre comodo. 

Ma è in questa frizione che il controllo di gestione rivela la sua funzione più alta: non quella di compiacere, ma di orientare, anche quando il cambiamento incontra resistenza.